
Nuovo sistema di classificazione del personale – Ipotesi Ccnl 2019-2021
18 Agosto 2022
POLIZIA LOCALE IN AZIONE! TROPPO SEVERI?
28 Agosto 2022con la nota il Presidente ha voluto esprimere vicinanza e solidarietà al collega di Genova che si trova indagato per aver sparato un colpo di pistola in aria in occasione di un reato flagrante.
Sempre più spesso Noi, Forza di Polizia ad ordinamento locale, ci chiediamo quale mai sia il nostro “peccato originale” e il perché di così tanto accanimento nei nostri confronti.
Basti ricordare la lunga storia incompiuta della telenovela in materia di Riforma della legislazione sulla polizia locale, per capire che tutto ciò va avanti da decenni; ma soprattutto, oggi più che mai, ci chiediamo perché intervenire e soprattutto come intervenire in presenza di reati flagranti, sovente pericolosissimi e a forte rischio della incolumità personale, senza a nostra volta commettere reati.
Dunque, come interrompere fatti criminosi che mettono a repentaglio la sicurezza delle nostre comunità, quelle che ci sentiamo in dovere di difendere, quelle che desideriamo tutelare in quanto anche noi ne siamo parte integrante?
Anvu, l’associazione professionale della polizia locale d’Italia più rappresentativa a livello nazionale, fondata nel 1981, esprime vicinanza e solidarietà al collega di Genova che si trova indagato per aver sparato un colpo in aria, nella flagranza di un reato, in presenza del suo preciso obbligo giuridico di intervenire senza se e senza ma, di far sì che gli episodi criminosi non vengano portati a ulteriori conseguenze, di assicurare le fonti di prova e di riferire senza ritardo alla Autorità Giudiziaria.
In tale circostanza quale altro strumento aveva in dotazione il collega per poter adempiere al suo dovere e che cosa “secondo i soloni del diritto” avrebbe dovuto fare?
Ad ogni fatto reato deve necessariamente e obbligatoriamente corrispondere una nostra azione e non una nostra “omissione” se non vogliamo incorrere noi stessi nel reato di omissione in atti d’ufficio, con pena aggravata se il reato è commesso da un agente o da un ufficiale di polizia giudiziaria e quindi anche da un appartenente alla polizia locale.
Ad ogni fatto costituente reato va obbligatoriamente posto in essere il doveroso comportamento positivo, volto materialmente ad impedire il compimento del reato stesso.
Ed allora ci chiediamo: perché trovarsi indagati se poniamo in essere azioni il cui unico scopo è l’eliminazione del pericolo e il ripristino della legalità, posto che la legge ci chiede di intervenire?
È meglio essere indagati per aver omesso di adempiere ad un proprio dovere o per aver compiuto azioni che a giudizio di taluni sono da considerarsi non opportune?
Ma nel momento in cui un operatore di polizia si trova in presenza di un reato di qualunque natura esso sia e soprattutto in situazioni di pericolo per sé e per gli altri, che cosa dovrebbe fare? Come è più opportuno agire per non trovarsi indagati? Il Taser no, il bastone di autodifesa no, le manette no, l’arma da fuoco per sparare in aria no, lo spray al peperoncino, no. Tutto no, altrimenti si passa un guaio.
Ma in presenza di determinate situazioni ove le reazioni da porre in essere prevedono decisioni e tempi di esecuzione velocissimi, azioni rapide insomma, come può qualsiasi operatore di polizia agire per non finire a sua volta indagato? O magari pure licenziato? Oppure criticato e accusato pubblicamente anche attraverso la stampa?
Questa sicurezza di cui così tanto da sempre si parla, è proprio così sicuro che la si desideri?
Chiediamo a chi alimenta continue polemiche di mettersi “nei panni” degli agenti di polizia quando impegnati in questi delicati e pericolosi momenti, forse solo così saprebbero darci dei “buoni consigli o indicarci le buone prassi” per non commettere errori, assicurando però alla giustizia coloro che commettono reati, soprattutto in quelle situazioni in cui non si sa chi sia la controparte e dove in pochissimi istanti si ha l’obbligo di decidere, di fare una scelta cui far seguire un’azione volta anche a tutelare non solo la collettività ma anche se stessi.
Se anche “sparare in aria” come “estrema ratio” costituisce un’ipotesi di reato ci si chiede con rammarico “perché a questo punto intervenire?” oppure “con quali strumenti intervenire per cercare di fermare questi fenomeni delittuosi?”
È sufficiente una “paletta”, un “invito verbale”, un “ordine impartito” affinché una persona che commette un reato cessi di compiere l’azione, oppure commesso il reato si consegni spontaneamente per essere poi processato? Qual è allora la soluzione migliore per garantire la legalità e assicurare la sicurezza alle nostre comunità senza incorrere in reati a nostra volta?
Tutto ciò ci deve far riflettere e il caso del collega di Genova, cui esprimiamo massima vicinanza, non è che un piccolo esempio nel panorama nazionale, ove tante storie drammatiche vissute dai tutori dell’ordine per aver semplicemente fatto il loro dovere, vedono vivere veri e propri drammi anche in famiglia, con il forte rammarico di chi è costretto a subirli semplicemente per aver fatto ciò che obbligatoriamente doveva fare.
Il Presidente Nazionale Silvana PACI