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Non è ragionevole, e contrasta con l’effettività del diritto di difesa, che il cittadino di un Paese non aderente all’Unione europea non abbia diritto al patrocinio a spese dello Stato soltanto perché si trova nell’impossibilità di produrre la certificazione dell’autorità consolare richiesta per i redditi prodotti all’estero. È quanto ha affermato la Corte costituzionale con la sentenza n. 157, dichiarando illegittimo l’articolo 79, comma 2, del Dpr n. 115 del 2002, nella parte in cui non consente al cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea di dimostrare di aver fatto tutto il possibile, in base a correttezza e diligenza, per presentare la richiesta documentazione, e quindi di produrre una dichiarazione sostitutiva di tale documentazione.
L’intervento della Corte nasce da un procedimento nel quale due cittadini di nazionalità indiana avevano proposto opposizione al provvedimento di diniego del permesso di soggiorno per lavoro stagionale. I due ricorrenti si erano visti negare il beneficio del patrocinio a spese dello Stato in quanto l’Ambasciata e il Consolato indiano in Italia non avevano dato riscontro alla loro richiesta di certificare la mancanza di redditi all’estero.
Con la sentenza depositata oggi la Corte ha uniformato, sotto il profilo della certificazione dei redditi prodotti all’estero, la disciplina sul patrocinio a spese dello Stato nei processi civile, amministrativo, contabile e tributario a quanto richiesto dal principio di auto responsabilità e a quanto già previsto per il processo penale, non essendoci, quanto all’aspetto citato, alcuna ragione per differenziarli.